Mappa o non mappa

Tony Siino fa un passo avanti nell’analisi della blogsfera italiana iniziata da Blogitalia e continuata dalla mappa di Blogbabel. In questo interessantissimo post pone le basi per una seria analisi statistica dell’oggetto. Consiglio a tutti di leggerlo, è chiaro anche se gli argomenti possono essere un pochino ostici.
Di seguito le mie considerazioni.
Prima di tutto bisogna stabilire qual è l’oggetto del nostro indagare, e già a questo punto le divergenze tra le varie posizioni sono abbastanza marcate.
Possiamo identificarne alcune, secondo cui l’oggetto potrebbe essere:

  • Nessuno si senta escluso: posizione a cui si può annoverare Blogitalia, che aspira a totalizzare e raggiungere quanti più blog, senza apportare giudizi di merito.
  • La grande discussione globale: posizione a cui si può condurre Blogbabel, che investiga e premia i blog che generano discussioni o le portano avanti.
  • Solo i blog di qualità: tutte quelle selezioni che si pongono di classificare i blog che abbiano qualità, evidenziandoli rispetto al mare magnum della blogsfera, molto spesso disprezzato, un esempio potrebbe essere quello dei Macchianera Awards.

Schematicamente, i tre approcci si differenziano per la definizione via via sempre più escludente che danno dell’oggetto blog. Si parte dal blog è chi si definisce blog del primo a blog è quello che dico io e più non dimandare dell’ultimo.
Tutti hanno ragione e torto allo stesso tempo, secondo me. Basta stabilire lo scopo della nostra indagine: cosa vogliamo approfondire? Se si ha chiaro questo punto, ciascun tipo di analisi avrà una sua validità.
Il metodo di indagine che propone Tony, una sorta di mappatura network based bilanciata per tenere conto del fatto che il campione non è casuale, è molto interessante, anche se, come lui stesso ammette, potrebbe non portare a conclusioni statisticamente probanti. Di certo, un tentativo di questo genere va fatto.
Avendo chiari gli obbiettivi, naturalmente.

Cos’è un blog?

Cosa sono i blog, mi chiedi? E perché sono così importanti?
Perché nei blog c’è l’uomo.
E dall’umanità tutta insieme nasce il progresso, non solo dalle menti degli eletti.
E perché mai dovresti aprire un blog?
Prima dei blog, dovevi andare, con la tua cassetta sottobraccio, fino a Londra, allo speakers’ corner, aspettare il tuo turno e dire la tua.
Oppure, dissipare metà del tuo magro stipendio sdraiato su un comodo lettino a raccontare la tua vita ad uno che, fingendo di prendere appunti, pensava alle rate per il suo yacht.
O ancora, diffondere via posta magazine ciclostilati su carta riciclata per i fan di dark metal pop trash underground rock ucraino.
O mandare le tue poesie alla casa editrice che le avrebbe pubblicate solo in cambio dell’acquisto da parte tua dell’intera tiratura.
O inviare puntualissime lettere al direttore del quotidiano che compravi solo per vedere il tuo nomecognome scritto sulle pagine odorose di stampa fresca.
O vergare pagine su pagine, con la penna preferita, del tuo diario segreto, sperando che qualcuno le scoprisse e, ammaliato dal sentimento trasudante, le diffondesse al mondo.
O stressare il tuo gruppo di amici su quanto sia figo il cinema bulgaro di derivazione lapponica.
O mettere annunci sulle ultime pagine di periodici equivoci alla ricerca dell’anima gemella che condividesse con te il feticismo della cistifellea.
Adesso no, puoi fare tutto questo con il tuo blog! Senza chiedere niente a nessuno!
Bello, mi dirai tu, e con questo?
Bello, ti rispondo io, è proprio questo il punto: dall’unione di milioni di patologici insoddisfatti escono le idee, i pensieri e financo (financo?) le verità sul mondo.
È quello che chiamiamo progresso, bellezza.

Blog, metriche e valore

Vorrei affrontare la questione che è stata risollevata per la rete nelle ultime settimane. Dalle metriche si è passati al loro utilizzo per valutare la autorevolezza di un blog rispetto agli altri per finire a discutere di come applicare le metriche per calcolare il potenziale pubblicitario di un dato blog. A questi temi si potrebbe accostare quello sollevato da Mafe al Turin BarCamp quando ha parlato di User Generated Revenue, il ritorno economico generato dai contenuti generati dagli utenti.
Secondo me, tutto questo fa parte del montante interesse verso il fenomeno dei blog da parte del mondo “reale” (quello che non naviga abitualmente per la rete). E tutto si potrebbe riassumere nella domanda: qual è, se esiste, il saldo (economico) positivo del web sociale (o web 2.0 che dir si voglia)?
Per il mio parziale punto di vista, il saldo positivo del singolo blog non esiste. Non si può andare a valutare quanto economicamente può essere influente un blog guardando esclusivamente quel blog. Per questo che la famigerata mappa è così affascinante: mostra un mondo in cui le interdipendenze sono, a tutti gli effetti, il vero motore. Un blog ha autorevolezza in quanto immerso in una comunità che riceve e dà valore. Un valore, oltretutto, non statico e sempiterno, ma soggetto a mutazioni, non solo a seconda in quale istante noi la guardiamo, ma anche a seconda di quale prospettiva utilizziamo per guardarla.
A titolo di esempio, si potrebbe fare una mappa animata, creata dalla successione temporale di tutte le mappe. Vedremmo, di giorno in giorno, i centri di aggregazione spostarsi, i punti riunirsi verso altri punti di aggregazione (penso solo a quanto siano diventati centro attrattivo i blog come MelaBlog o Debiase durante i giorni del MacWorld o, poco prima, Eio con il fincipit o, ancora prima, Tao con i ditloidi). È una galassia in perenne movimento, soprattutto ora che la/le discussione/i è/sono in gran fermento.
Cosa vuol dire tutto ciò dal punto di vista del mercato? Esiste un modello di mercato su questo tipo di organizzazione? Secondo me, se esiste, è un mercato che rifugge, per evidenti motivi, le polarizzazioni permanenti, e quindi non porterà all’emersione definitiva di un qualche soggetto.
Ecco che qui si inserisce l’economia del dono, che, tralasciando l’immagine poetica, è l’unica maniera per presentare le proprie istanze, che siano di tipo creativo, economico o di autoaffermazione, per entrare in un luogo, la rete, il cui lo scalino iniziale si sta facendo sempre più basso.

Fate la nanna

Il buon Matteo Balocco ha scritto un post su uno dei problemi più sentiti da parte di tutti i neo genitori: come fare per far dormire serenamente il proprio bimbo/bimba. Per Matteo, il metodo da usare è quello descritto in Facciamo la nanna di Grazia Honegger Fresco contrapposto al più noto Fate la nanna di Eduard Estivil.

Il metodo di Grazia Honegger Fresco pare sia basato sulla condivisione del sonno, sull’addomentarsi insieme. Non ho letto il libro e, se ne avrò occasione, lo leggerò.

Invece, il metodo consigliato da Estivil è abbastanza diverso. Innanzitutto parte dall’assunzione che il sonno va ‘imparato’, come si impara a camminare, a mangiare, a nuotare. Se il bimbo non impara ad addormentarsi da solo, avrà problemi ad addormentarsi sempre anche da adulto.

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I miei due citti*

La mappa della blogsfera pubblicata nel paginone centrale di Nòva24, il supplemento del Sole 24ore ha suscitato molte discussioni e polemiche. Chi accusa, per l’ennesima volta, i blog di essere autoreferenziali, chi dice che la mappa non è rappresentativa della blogsfera, chi si interroga sui metodi usati.
Il vostro beneameato Zuck, dopo un periodo di riflessione, a certificare che quello che scrive sia sensato, ha apprezzato molto il lavoro fatto da Ludo e da tutti i suoi collaboratori. Anche perché le tematica della forma delle reti è un tema che lo appassiona, come chi ha seguito il suo speech su Kevin Bacon e l’autoreferenzialità dei blog ad Inedita 2006.
Detto questo, potrei suggerire un paio di osservazioni:

  • Il web non è una rete relazionale bidirezionale. Se io linko te, non vuol dire che tu linki me. Anche i blog sono così. Questo fatto, nella mappa, non è stato abbastanza messo in evidenza. Il colorare diversamente i link entranti e quelli uscenti, secondo me, non dà sufficiente risalto. Mi pare più efficace rappresentare il tutto con frecce entranti e uscenti dai nodi della rete.
    In questo modo, ad esempio, il sito di Beppe Grillo sarebbe risultato come un buco nero, dove tutto va a finire e niente viene espulso, mentre Pandemia sarebbe venuto fuori come una supernova (per continuare il paragone astronomico) che prende e ridà luce. Mentre Il lamento di Zuck, un sito a caso, una fievole fiammella che non prende da nessuno.
  • Molte voci si sono interrogate sulla scientificità dello studio. Innanzitutto mettersi d’accordo su cosa intendiamo. Il metodo scientifico si basa sull’osservazione dei fenomeni, sul tentativo di spiegarli con ipotesi, sul definire conseguenze verificabili basate su queste ipotesi e sulla conferma o negazione delle ipotesi sulla base delle verifiche sperimentali effettuate. Lo studio di BlogBabel è prettamente scientifico: osserva un fenomeno che esiste e ne definisce i limiti chiaramente.
    Anzi, fa di più, con una chiarezza che fa onore, parte dalla definizione di blog (certo, una definizione opinabile) per determinare ciò che è in scope e ciò che è out of scope, escludendo quei siti che si servono delle stesse piattaforme, ma svolgono una funzione diversa dai blog (ad esempio, i siti di template), e mettendo energie preziose in un comitato di approvazione e esclusione dei blog.
    In poche parole, abbiamo a disposizione dei dati raccolti con precisione, messi lì per tutti noi. Buttiamoci nell’analisi e nella formulazione di ipotesi su questo fenomeno. Perché i blog sono disposti in quella data maniera? Se togliamo dalla mappa un blog importante, che ha tanti link, quanti altri blog spariscono insieme a lui? Se cambio homepage ad un blog, cosa succede? Beh quello lo so già, passa dal posto 400 al 2300
    In poche parole, abbiamo dei dati, usiamoli! Non stiamo a discutere sul campione statistico, ne abbiamo per caso uno migliore? A me pare di no.
  • Sull’autoreferenzialità bisognerebbe aprire un lungo discorso su quanto sia realmente negativa l’autoreferenzialità, su quanto siano autoreferenziali i blog rispetto al resto del web e degli altri media. Secondo il mio modesto parere, l’autoreferenzialità non è un male a prescindere. Anzi, certe cose sono interessanti proprio perché autoreferenziali, tipo il processo di Biscardi (eh eh eh). Ci sono grosse parti del web e dei blog che sono autoreferenziali in modo poco interessante, come ci sono sui giornali e alla televisione. Il segreto sta nell’essere autoreferenziali, sì, ma avendo coscienza che il mondo continua a girare, là fuori.

*Per chi non fosse ligure, l’espressione citto sta per centesimo. E data da prima della conversione all’euro. Si riferisce ai centesimi di lira. Rimasta nel gergo comune soprattutto per merito dei tossici che si avvicinano a te dicendo: – “ce l’hai due citti?” nella speranza di raggranellare qualche spicciolo.